30 anni, lucana ma di origine iraniana.
Multipotenziale e creativa, laurea magistrale in Ingegneria edile architettura, lavora come consulente per una multinazionale.
Amante della tecnologia e futurista, non perde mai la passione per la Cultura.
Dall’età di 15 anni è attiva in progetti e festival culturali e politiche sul territorio regionale e nazionale, si definisce flessibile ed empatica per il suo multiculturalismo. Ha sempre lavorato nella progettazione, nella logistica, nell’accoglienza e nel coordinamento di progetti ed eventi: Lucania Film Festival, Festival della divulgazione, Archival, Cultural, Wonder Grottole, Heroes meet in Maratea ed altri. In occasione della Capitale Europea della Cultura Matera 2019 ha lavorato per i project leader.
È referente fundraising di UNESCO Giovani Italia Basilicata ed associata Cultura Italiae Young. Collaboratrice dell’ufficio EURO-NET Potenza gestisce e partecipa a vari progetti europei anche Erasmus +.
Nel 2015 apre un collettivo all’interno dell’Unibas con alcune colleghe chiamato WoMan contro la violenza di genere che è stato anche premiato dal CUG Nazionale come best practice: ancora oggi creano laboratori e incontri sul tema di genere a 360°. Collabora con alcuni enti iraniani e sta avviando diversi progetti per far avvicinare le culture.
Se dovesse scrivere il primo capitolo di un libro sulla sua carriera, come inizierebbe?
«“L’origine è la meta”. È la frase di un amico ma non trovo altro modo per descriverlo meglio (mi perdonerà, spero)».
Quali sono stati i passaggi per arrivare alla realizzazione?
«Penso di dover ancora arrivare a una realizzazione completa. Sono molto ambiziosa, preferisco non pensare al domani ma ai passaggi per arrivare sempre più vicina a una mia idea di realizzazione personale e lavorativa. Penso che per fare ciò sia fondamentale lo studio e l’esperienza pratica, entrare nelle associazioni, fare community, volontariato, piccoli lavori a progetto, a breve o a lungo periodo non conta. L’importante è mettere le mani in pasta e poi studiare il più possibile, approfittare dei corsi gratuiti che possono essere messi a disposizione online da grandi player digitali, fare investimenti in corsi o master class magari con focus differenti così da avere una transdisciplinarità».
Qual è stato il momento in cui ha pensato di essere coraggiosa?
«Bisogna essere coraggiosi sempre, fare domande, dire la propria, scrivere i propri sentimenti e le proprie paure e poi affrontarle. Dobbiamo toglierci dalla testa che gli altri sappiano fare e noi no, tutti siamo in grado, c’è chi si è buttato e chi no. Quindi dobbiamo andare oltre i nostri limiti, cercare soluzioni nel momento di difficoltà e soprattutto condividere le esperienze con più persone possibili».
Quale consiglio darebbe a chi vuole seguire la sua strada?
«La mia strada non è mai stata lineare: sono passata da un liceo linguistico ad una magistrale di Ingegneria Edile architettura, poi ho frequentato corsi di ogni tipo sulla leadership, sulla neuroscienza, sul marketing, sulla blockchain. Ho fatto tanti lavori, tutti diversi, sono sempre sincera se una cosa non so farla lo dico e così ho imparato tanto. Consiglierei di seguire il proprio istinto, se c’è qualcosa che incuriosisce o che fa sentire le farfalle nello stomaco (è il nostro primo cervello) bisogna farlo, senza pensare se il percorso di studi o di lavoro lo permette. La cosa più importante è saper stare in gruppo, saper ascoltare, saper anche chiedere aiuto».
Per avere un team efficiente quanto è importante creare valore attraverso una cooperazione socio culturale e multidisciplinare?
«Saper lavorare in team è fondamentale, si impara a conoscere meglio se stessi e poi gli altri. Avere diversi modi di pensare, di esprimersi e di fare domande sono punti di forza.
La diversity va valorizzata sempre, da soli è difficile lavorare non solo da un punto di vista qualitativo del lavoro ma anche personale».
Come creare “algoritmi al femminile”?
«Le donne devono essere presenti nei tavoli decisionali, storicamente non rientrano nei dati, abbiamo un serio problema di inclusione sociale e progettuale del futuro. Il 59% della popolazione è perennemente connessa in rete, siamo in una civiltà digitale e quindi siamo dei cittadini digitali e per la costruzione di algoritmi bisogna includere tutte le esperienze, altrimenti in futuro ci saranno sempre più nicchie e sarà sempre più difficile l’inclusione. La dimensione femminile nella tecnologia arricchisce la tecnologia stessa, le donne portano una visione maggiormente integrante dell’esperienza dell’umanità. Creare algoritmi al femminile non è un optional ma un dovere».
Come abbattere gli stereotipi che tendono a discriminare il ruolo di leadership femminile?
«Qualche anno fa, a 10 anni dal crollo di Lehman Brothers, Christine Lagarde aveva dichiarato che la cultura del sistema finanziario è cambiata poco, per poi aggiungere: “Se ci fossero state Lehman Sisters invece che Lehman Brothers, il mondo avrebbe potuto essere molto diverso ora”. Le donne hanno una capacità di previsione e di visione diversa dagli uomini e devono prima di tutto credere nella propria leadership, poi creare sisterhood e andare avanti insieme educando soprattutto “i figli” ad un linguaggio e a modi senza rendere visibile le differenze tra bambina e bambino. Sono piccole abitudini che radicalmente cambieranno l’educazione quotidiana e quindi poi futura.
Bisogna credere di più nelle ragazze e lavorare sulla loro autostima fin da piccole così da grandi non si sentiranno in difetto o inferiori rispetto ad un uomo. Ci vorranno anni per rimuovere tutti i bias nella nostra cultura ma bisogna accelerare ed insistere nelle scuole, nelle università, nelle community locali, dove parlare e scambiarsi opinioni continuamente e soprattutto sapere che noi siamo non solo protagoniste ma registe di questo presente».
A cura di Alessandra Macchitella