Cristina Pozzi, classe 1981, è Co-Founder, Board Member e da luglio CEO di edulia dal Sapere Treccani (già Treccani Futura), nuovo polo edtech italiano dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana.
“La strada più difficile è spesso la migliore scelta”.
Se dovesse scrivere il primo capitolo di un libro sulla sua carriera, come inizierebbe?
“Non rinuncio mai a un caffè, almeno per tre motivi: amo il caffè, ho bisogno del caffè per stare sveglia e un caffè ha il potere di cambiarti la vita… anche se, diciamolo, che sia un caffè, un tè o un bicchiere d’acqua in questo caso conta poco. La pausa coi colleghi permette di condividere idee, migliorare la comunicazione interna, rendere più piacevole la giornata.
Nel mio caso mi ha permesso di cambiare vita perché è proprio dopo un caffè offerto da un collega che mi sono ritrovata a intraprendere una strada che non avrei mai immaginato, aprendo la porta su una serie di possibili futuri totalmente inaspettati. Allora lavoravo nell’ambito della consulenza e il collega in questione era Andrea Dusi.
Mi propose di aiutarlo ad analizzare l’idea di impresa e, dopo aver accettato, mi sono trovata negli anni successivi a creare con lui la nostra prima impresa Wish Days, divenuta famosa per il marchio di cofanetti regalo Emozione3. Poi ci sono altri capitoli prima di arrivare ad oggi, ma questo è il primo”.
In una frase ci descriva il suo ruolo e in che modo è impattante nel mondo.
“Gestisco una Ed-Tech (Edulia, Dal Sapere Treccani) che diffonde strumenti per sviluppare competenze e conoscenze a prova di XXI secolo per persone di tutte le età”.
Tecnologia ed etica: quali sono gli strumenti per influenzare responsabilmente il futuro più desiderabile per la società e gli individui?
“Gli strumenti sono tanti e richiedono l’aiuto di tutti: da un lato chi progetta questi strumenti dovrebbe sempre essere formato sui temi etici ed essere chiamato a fare delle riflessioni sugli impatti delle proprie creazioni.
Dall’altro le aziende o le organizzazioni pubbliche o private che decidono di adottare un certo strumento dovrebbero avere le conoscenze minime necessarie per valutare se questo può avere degli impatti negativi sui propri stakeholder a 360 gradi.
Perché questo accada è importante che anche il legislatore sia in grado di intervenire per garantire trasparenza e chiarezza. Non solo per le aziende ma anche per gli utenti finali e quindi tutti noi. Anche noi possiamo e dobbiamo costantemente fare le domande giuste e chiedere che i nostri diritti siano garantiti.
Ciò che tutte queste cose hanno in comune è la necessità di cultura ed educazione e cioè la vocazione di Edilia, Dal Sapere Treccani, la società che oggi guido come Amministratrice Delegata”.
Tecnologie e algoritmi: sono accessibili per tutti o in alcuni casi rischiano di essere discriminanti?
“Distinguerei forse tra diversi aspetti.
Accessibilità: ci sono oggi strumenti che usiamo tutti ogni giorno e che sono studiati per essere di facile utilizzo.
D’altro canto, però, ci sono algoritmi che possono presentare problematiche di funzionamento legate ai dati con i quali sono stati addestrati. Queste problematiche possono essere fonte di discriminazione. Un esempio tipico è quello di algoritmi per il riconoscimento facciale che, poco allenati a riconoscere immagini di persone di etnie variegate, si trovano poi in difficolta quando hanno di fronte persone provenienti da etnie poco rappresentate nel dataset.
In questo caso si parla di BIAS degli algoritmi e le discriminazioni che ne possono derivare sono purtroppo ancora molte: dalla decisione se concedere la libertà sulla parola a detenuti, al caso delle assicurazioni o degli algoritmi impiegati per la selezione del personale … sono tutte situazioni nelle quali è necessario tenere alta l’attenzione quando si sceglie di utilizzare uno di questi strumenti”.
Quale è stato il momento in cui ha pensato di essere coraggiosa?
“Forse l’ho capito a posteriori: il momento in cui ho deciso di lavorare con Andrea alla sua idea credo sia stato un momento in cui sono stata coraggiosa. Ma è stato davvero coraggioso? Dopotutto con lui mi ero sempre trovata bene a lavorare, da un lato imparavo e dall’altro mi divertivo. Mettermi alla prova sulla creazione di un’impresa insieme mi è sembrata la scelta più ovvia”.
Quale consiglio darebbe a chi vuole seguire la sua strada?
“Non aver mai paura di uscire dalla propria zona di comfort: il mio motto è “Perché no?”.
La strada più difficile è spesso la migliore scelta”.