È indubbiamente una persona di successo, quello che oggi è realtà sarà stato un tempo solo un sogno. Se dovesse scrivere il primo capitolo di un libro sul suo progetto come inizierebbe?

«C’era una volta una bambina curiosa, dalle lunghe trecce castane, cresciuta in una casa piena d’amore dove si parlavano lingue diverse e si festeggiava la Pasqua colorando le uova da cercare nella Ostereiersuche e il primo maggio mangiando fave e pecorino. Da piccola si definiva fieramente italo-austriaca, crescendo aveva capito di essere europea nell’animo e che le sarebbe sempre stato a cuore il mettere in contatto con culture e mondi diversi. Decenni dopo è una comunicatrice di impresa ed una promotrice di sostenibilità, mestieri che comportano narrare e mettere in contatto, su progettualità di lungo periodo, attori e universi differenti, sempre avendo ben presente la propria identità ed i propri valori”. L’autenticità, l’empatia e la capacità di collegare i vari punti sparsi in un disegno complessivo (in inglese si direbbe “connecting the dots”) fanno parte della strumentazione che si acquisisce sin dall’infanzia. Poi vanno corroborati con lo studio, la competenza e l’apprendimento continuo. In questo percorso sono fondamentali le figure incoraggianti, quelle che danno fiducia in se stesse e nei propri mezzi. Alcune volte sono in famiglia, altre volte nella scuola o in amici, altre volta ancora sono aspirazionali, da grandi li chiamiamo mentor o coach. Io devo ringraziare innanzitutto mio padre, che mi ha insegnato la generosità e mi ha sempre incoraggiato e sostenuto incondizionatamente, anche e soprattutto quando ero io a non vedere quello che lui vedeva di me “al futuro”».

Quali sono stati i passaggi per arrivare alla realizzazione?

«Crescere in una famiglia multiculturale rende quasi automatica la curiosità e la capacità di vedere e collegare prospettive diverse ed agire da “sinapsi”. Io ho vissuto l’internazionalità in modo naturale, ma credo sia fondamentale per tutti esporsi proattivamente in contesti internazionali andando fuori dalle proprie zone di comfort. Per fare qualche esempio concreto: al liceo ho alzato per prima la mano quando hanno chiesto chi volesse partecipare da volontaria al primo scambio scolastico Italia-URSS; ho scritto la mia tesi di laurea da Vienna, dove ero andata a terminare l’ultimo anno di università con una borsa di studio; nel mio primo lavoro mi sono costruita la possibilità di una Summer Fellowship alla Banca Mondiale a Washington; ho partecipato a molte reti internazionali e vari programmi transatlantici.

Ritengo fondamentale attivarsi, essere propositivi, andare fuori, essere veri “cittadini del mondo”, avere curiosità vera per gli altri, mettersi in gioco».

Qual è stato il momento in cui ha pensato di essere coraggiosa?

«La riprova del coraggio e della resilienza l’ho avuta nel mio lunghissimo percorso di maternità e di adozione internazionale. Oggi guardo mio figlio e non c’è nulla che mi renda più felice. Ho imparato l’enorme valore dell’attesa: non sempre gli esiti dipendono da noi, dal nostro impegno e volontà autorealizzativa e la prova più grande di resilienza e di coraggio è imparare ad attendere lo svolgersi del tempo e il maturare delle situazioni, tenendo sempre accesa la fiammella della fiducia».

Quale consiglio darebbe a chi vuole seguire la sua strada?

«Credo che una donna debba spesso dimostrare 4 volte tanto (rispetto ai peers) di essere una brava professionista e questo comporta resilienza e fatica. Imparate a gestirle (resilienza e fatica) con intelligenza (e anche un pizzico di autoironia). Sono molto orgogliosa di aver percorso ogni singolo passo della mia carriera professionale contando sulla forza e sul passo delle mie gambe, non accettando mai scorciatoie. Serve una grande dose di energia per riempire al massimo di impegno e risultati una fase professionale e capire quando e come traghettarsi a nuove sfide e nuovi lavori. Attenzione: non tutte le fasi della vita consentono di spingere il pedale al massimo, occorre avere consapevolezza di quando andare avanti e quando ammettere di essere arrivati in un punto in cui non si può andare più avanti. Occorre imparare a ricominciare, soprattutto quando si smette di imparare. Bisogna imparare anche a non prendersi troppo sul serio e ad essere clementi con se stesse. La chiave in fondo è accettare le proprie vulnerabilità e avere la forza dell’essere autenticamente se stesse, con tutte le fragilità che ci portiamo dietro. Consiglio a tutti un bellissimo TED Talk sul potere della vulnerabilità».

Pensiamo alle due iniziative per l’empowerment femminile, “Angels for women” ed “illimitHer”, che lei ha fondato: in Italia qual è la situazione delle startup femminili e quanto è importante puntare anche alla responsabilità sociale d’impresa?

«Entrambe le iniziative nascono in contesti aziendali fertili e attenti alla sostenibilità e diversità e con l’idea comune che occorra collegarsi a rete e fare massa critica per avere impatto sullo snodo chiave dell’occupazione femminile in Italia (che si attesta al 49,2%, fanalino di coda a livello europeo). Angels4Women è nata a fine 2018 nell’ambito del mio lavoro quale Direttrice Comunicazione e Sostenibilità di AXA, la multinazionale assicurativa da sempre in prima linea per l’empowerment femminile. Abbiamo promosso insieme ad Impact Hub un ecosistema di donne business angel per veicolare mentorship e finanziamenti a start up innovative al femminile. Collegarsi in rete per avere impatto è importante soprattutto dove il numero di start up fondate da donne è un quinto del totale e spesso con difficoltà di funding. Illimither è invece nata nel 2020, con la mia evoluzione professionale da startupper dentro la neobanca illimity, con l’idea di contribuire a sgretolare gli stereotipi di genere legati a professioni e carriere STEM, promuovendo role model femminili under 40 di grande successo nei mondi scientifici e tecnologici. Il tutto fondato e sviluppato con tanti partner provenienti da mondi diversi, uniti dall’idea di volere contribuire ad un mondo più equo e sostenibile. Il mio consiglio è di scegliere le cause profondamente sentite, creare ponti con altri soggetti e dare indietro con generosità».

 

a cura di Alessandra Macchitella 

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