Il divario di genere, cioè la differenza tra i sessi in materia di lavoro, scuola, educazione (solo per citare gli ambiti dove il gap è più evidente) si colma con la cultura. Su binari paralleli devono poi correre gli interventi istituzionali, evidentemente necessari. Esistono luoghi dove ogni giorno ci si impegna per la creazione di società nuove, più eque e rispettose delle differenze. In Italia, le associazioni e gli enti che combattono il gender gap sono diversi; più volte abbiamo citato la storica Casa Internazionale delle Donne, a Roma, sempre attiva con iniziative culturali di ogni genere. 

Si può essere attivisti seguendo percorsi tradizionali oppure tracciandone di nuovi, a volte semplicemente con l’apertura di un bar. Sfogliando le pagine virtuali del settimanale britannico The Economist, abbiamo trovato una storia molto interessante. La protagonista si chiama Kim Jina, è una ex dirigente pubblicitaria, attualmente proprietaria di un singolare locale: il Woolf Social Club. Aperto a Seul cinque anni fa, accoglie donne che abbiano voglia di superare gli ostacoli posti dalla cultura maschilista, dominante nel Paese asiatico, come ad altre latitudini. 

Nell’articolo di Lena Shipper si legge che il divario salariale tra donne e uomini, nella Corea del Sud, è il più alto nel mondo cosiddetto ricco. 

Il Woolf Club viene descritto come un coffee shop dall’atmosfera casual, voluta per favorire l’ingresso del maggior numero di persone. Sui suoi sgabelli in legno, le donne siedono picchiettando le dita sulla tastiera del laptop o conversando tra loro, con il caffè a portata di mano. Tutte le bevande sono servite in tazze con l’immagine di Virginia Woolf disegnata sulla superficie esterna, con qualche trovata ironica. 

Ovunque lo sguardo si posi, incontra libri della scrittrice britannica, di Simone De Beauvoir, di Margaret Atwood e di altre narratrici e saggiste femministe. Sul bancone del bar campeggia, in grandi lettere nere, la scritta: “Più dignità, meno stronzate”. Abbiamo fatto una traduzione evidentemente letterale, per rendere meglio l’atmosfera che si deve respirare nel Woolf Social Club. La quarantasettenne proprietaria si è ispirata, neanche a dirlo, a Virginia Woolf, nel progettarlo. Tutto quello di cui una donna ha bisogno sono 500 sterline all’anno e una stanza con la serratura sulla porta, sosteneva la scrittrice. 

Quella stanza è diventata, nella mente di Kim Jiina, il suo Club, pensato come una sorta di spazio delle donne e per le donne. Il succo del messaggio di Woolf è che l’indipendenza economica e un luogo dove pensare facciano sempre la differenza. 

Questa considerazione che ha ispirato l’apertura del caffè femminista a Seul (e chissà quante altre idee e iniziative in tutto il mondo), spinge inevitabilmente a ricordare le numerose vittime di violenza domestica, per la maggior parte donne. Molte di quelle che subiscono quotidianamente violenze fisiche e psicologiche non riescono a lasciare la casa che condividono con i mariti o i compagni, per motivi meramente economici. 

Sappiamo inoltre che il sesso femminile continua a ricevere retribuzioni più basse di quelle riservate agli uomini, persino nei ruoli apicali. Le donne sono penalizzate anche perché non possono contare su un welfare all’altezza dei tempi. Infine, non va meglio neanche in tema di solidarietà femminile. I numerosissimi esempi positivi (come la storia dell’imprenditrice di Seul), sono spesso neutralizzati da una cultura maschilista, alimentata proprio da una parte del mondo femminile. Le dichiarazioni reazionarie di un’imprenditrice italiana della moda hanno recentemente incendiato i social. Inutile aggiungere commenti. 

Come Kim Jina sottolinea, parlando con la giornalista dell’Economist, le donne devono poter avere voce. A prescindere dallo stato civile, devono poter esprimere il proprio talento. Con gli uomini, dovrebbero essere loro a costruire il mercato del lavoro, non viceversa. 

Per leggere l’articolo completo di Lena Shipper: https://www.economist.com/1843/2022/05/09/virginia-woolf-is-inspiring-south-korean-feminists.